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Il 2025 si è aperto con un vero e proprio terremoto normativo nel campo della sostenibilità aziendale. Non è un segreto che l’Europa stia cercando di riformare e semplificare le normative esistenti, ma le recenti proposte hanno sollevato un dibattito acceso tra esperti e aziende. Il 26 febbraio scorso, la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di semplificazioni che tocca le normative più rilevanti, come la CSRD, la CSDDD e la Tassonomia UE. Ma cosa significa tutto questo per le aziende?
Proposte di revisione delle normative di sostenibilità
Tra le proposte più discusse, spicca l’innalzamento a 1.000 dipendenti della soglia per l’obbligo di bilancio di sostenibilità. Questa misura, se approvata, escluderebbe circa l’80% delle aziende dalla CSRD. È interessante notare che, a mio avviso, questa decisione potrebbe ripercuotersi maggiormente sulle piccole e medie imprese, che già si trovano in difficoltà nel seguire le normative attuali.
Altre proposte riguardano la CSDDD, dove si intende limitare gli obblighi di diligenza ai soli partner commerciali diretti, escludendo i fornitori indiretti lungo la catena del valore. Eppure, questa scelta solleva interrogativi: come possiamo garantire una vera responsabilità lungo tutta la filiera se non consideriamo anche i fornitori secondari? Sono domande cruciali in un contesto in cui la trasparenza è fondamentale.
Il provvedimento “stop the clock” e le sue implicazioni
Un altro cambiamento significativo è rappresentato dalla misura “stop the clock”, approvata formalmente dal Consiglio UE il 14 aprile 2025. Questo provvedimento rinvia di due anni l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione per le grandi imprese che non hanno ancora iniziato a redigere il bilancio di sostenibilità e per le PMI quotate. Personalmente, ricordo quando ho parlato con un imprenditore, il quale si è trovato in una situazione precaria, indeciso se investire nel reporting o aspettare queste nuove normative.
Questa incertezza non è da sottovalutare. Oggi, circa 40.000 aziende in Europa si trovano dinanzi a un bivio: continuare a investire nella sostenibilità o attendere l’esito del pacchetto definitivo. Nonostante le proposte siano ancora in fase di discussione, il “stop the clock” è già una realtà. E così, le aziende si trovano ad avere due anni in più di tempo… ma cosa faranno con questo tempo aggiuntivo?
Le posizioni della BCE e le preoccupazioni per la deregulation
La Banca Centrale Europea si è espressa in merito a queste proposte, sostenendo che una semplificazione dei requisiti può avere senso, soprattutto per le PMI. Tuttavia, la BCE ha anche criticato l’idea di escludere le imprese con meno di 1.000 dipendenti dagli obblighi di reporting ESG. Come riportato recentemente da uno studio, questa scelta potrebbe compromettere la disponibilità di informazioni essenziali per la stabilità finanziaria.
La BCE ha proposto di mantenere l’obbligo per le aziende tra 500 e 1.000 dipendenti, applicando standard semplificati e proporzionali. E qui ci troviamo di fronte a un’altra questione: stiamo davvero semplificando o creando una deregulation che rischia di smantellare un sistema costruito con fatica in oltre un decennio? A questo punto, la sostenibilità non è solo un tema etico, ma una questione di stabilità economica. E chi non segue questi principi rischia di rimanere indietro.
Il futuro della sostenibilità aziendale
È chiaro che la sostenibilità aziendale rappresenta una sfida strategica. Le aziende che abbandonano il reporting rischiano di perdere opportunità preziose. Infatti, molte delle aziende con cui lavoro hanno deciso di investire nella sostenibilità non solo per adempiere a obblighi normativi, ma perché comprendono i benefici concreti che questo comporta. Personalmente ritengo che, a lungo termine, chi investe nella sostenibilità emerge vincente nel mercato.
In questo contesto, è interessante notare come sempre più grandi aziende stiano integrando i criteri ESG nelle loro decisioni di acquisto, selezionando fornitori in base alle loro performance. La sostenibilità nella supply chain diventa un requisito chiave, e le PMI che desiderano fare affari con le grandi aziende devono adeguarsi. Ma a quale prezzo? Ecco la domanda che molti si pongono in questo momento di incertezza.
Il ruolo dei consumatori e la direzione del mercato
Infine, non possiamo dimenticare il ruolo cruciale dei consumatori. Sempre più persone scelgono prodotti sostenibili e sono disposte a pagare di più per essi. È un segnale chiaro: il mercato ha già scelto la sostenibilità. Le aziende devono adattarsi a questa nuova realtà, altrimenti rischiano di rimanere tagliate fuori dai mercati più evoluti. E allora, cosa aspetti? Non aspettare che siano i tuoi clienti o i legislatori a decidere per te.
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