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Le emissioni di gas serra in Brasile
Il Brasile, come prossimo ospite della COP30, si trova di fronte a una sfida cruciale per raggiungere gli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale a 1,5 gradi. Nel 2023, il paese ha emesso circa 2,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, principalmente a causa delle sue fiorenti industrie minerarie, dei combustibili fossili e, in particolare, del settore agroalimentare. Queste emissioni sono il risultato diretto delle pratiche agricole, nonché dei cambiamenti nell’uso del suolo che accompagnano tali attività. Il settore agricolo, infatti, continua a rappresentare una delle maggiori fonti di inquinamento atmosferico, alimentando un circolo vizioso di danni ambientali e disinformazione.
La campagna di marketing dell’agroalimentare
In Brasile, il settore agroalimentare ha lanciato una campagna pubblicitaria massiccia, nota per il suo slogan “Agro é Tech, Agro é Pop, Agro é Tudo”, che ha contribuito a creare un’immagine positiva nei confronti dell’80% della popolazione. Questa narrazione ha reso le aziende del settore particolarmente popolari, ma nasconde una realtà complessa. Le compagnie del settore fossile, come Petrobras, sono viste come fondamentali per lo sviluppo nazionale, anche nei contesti più progressisti. La compagnia statale di petrolio e gas è regolarmente votata come il marchio che meglio rappresenta il Brasile, un chiaro segno di come le percezioni pubbliche siano influenzate da anni di marketing strategico.
Disallineamento tra comunicazioni e realtà
Un recente rapporto della CAAD ha analizzato il digital footprint delle 15 aziende più influenti nel settore agroalimentare, energetico e minerario in Brasile. I risultati mostrano un forte scollamento tra le comunicazioni di sostenibilità di queste aziende e le loro effettive pratiche. Ad esempio, Petrobras, Shell e Vale si trovano tra le aziende più multate dall’Ibama (Istituto brasiliano dell’ambiente) negli ultimi venticinque anni, con Petrobras che ha ricevuto oltre 2.700 multe. Questo suggerisce che, nonostante le affermazioni di impegno verso la sostenibilità, queste aziende continuano a operare in modi che danneggiano l’ambiente.
Lobbying e politiche climatiche
Inoltre, sette delle quindici aziende studiate sono state identificate nel database LobbyMap di InfluenceMap, che monitora l’attività di lobbying in materia di politiche climatiche. Nessuna di queste aziende ha ottenuto punteggi superiori a un C, indicando una mancanza di allineamento con le posizioni scientifiche sui cambiamenti climatici. Questo è particolarmente preoccupante, considerando che sei delle sette aziende sono attivamente coinvolte nel lobbying, cercando di influenzare le decisioni politiche a favore delle loro pratiche commerciali, a scapito della salute del pianeta.
Il greenwashing come strategia aziendale
Il fenomeno del greenwashing è evidente nei comportamenti di molte di queste aziende. Ad esempio, Shell, pur affermando di sostenere obiettivi di net zero per il 2050, ha continuato a promuovere l’esplorazione di nuovi giacimenti petroliferi, contraddicendo le sue stesse dichiarazioni. Altre aziende, come JBS, sono state accusate di investire più in pubblicità che in azioni concrete per ridurre le proprie emissioni. Le loro campagne di marketing parlano di sostenibilità, ma a un esame più attento, emergono come tentativi di distogliere l’attenzione dalle loro pratiche dannose per l’ambiente.
Il futuro della sostenibilità in Brasile
Con l’avvicinarsi della COP30, è fondamentale che le aziende brasiliane affrontino la realtà delle loro emissioni e l’impatto delle loro operazioni sull’ambiente. Le comunicazioni sulla sostenibilità devono tradursi in azioni concrete, e le politiche aziendali devono allinearsi con gli obiettivi globali di riduzione delle emissioni. Le attuali pratiche di marketing che enfatizzano l’impegno verso la sostenibilità senza un reale sostegno pratico non solo danneggiano l’immagine delle aziende, ma minacciano anche il futuro del pianeta. È tempo di un cambiamento reale, dove la sostenibilità non sia solo una parola d’ordine, ma una pratica quotidiana.