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Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità ha guadagnato una presenza predominante nelle strategie aziendali, specialmente tra le grandi aziende alimentari. Tuttavia, un nuovo rapporto solleva preoccupazioni circa il fenomeno del greenwashing, accusando queste aziende di esagerare i loro progressi climatici. Le imprese, infatti, sembrano affidarsi eccessivamente alle rimozioni di carbonio e a certificazioni poco rigorose, invece di affrontare direttamente le loro emissioni.
Le rimozioni di carbonio come distrazione
Secondo quanto riportato dal Corporate Climate Responsibility Monitor 2025, molte aziende si concentrano su iniziative come la rimozione del carbonio attraverso pratiche di riforestazione o sequestro del carbonio nel suolo. Questa strategia, sebbene possa sembrare positiva, distrae dalla necessità primaria di ridurre le emissioni alla fonte. Lo studio, redatto da organizzazioni no-profit come NewClimate Institute e Carbon Market Watch, mette in luce come questo approccio possa mascherare l’assenza di impegni realmente significativi per ridurre le emissioni, in particolare quelle di metano, che rappresentano una parte considerevole delle emissioni totali del settore alimentare.
Le falle nei protocolli di riduzione delle emissioni
Il rapporto sottolinea che, nonostante le linee guida del GHG Protocol suggeriscano di stabilire obiettivi separati per le riduzioni delle emissioni e le rimozioni, alcune aziende come Danone, Nestlé e PepsiCo sembrano confondere questi due aspetti. La possibilità di contabilizzare le rimozioni come riduzioni crea una distorsione nei risultati, rendendo difficile valutare i progressi reali verso gli obiettivi di sostenibilità. Inoltre, mentre molte di queste aziende hanno promesso di garantire che le loro materie prime siano prive di deforestazione entro il 2025, tali impegni spesso presentano limitazioni significative che riducono la loro efficacia.
Le promesse non mantenute e la mancanza di tracciabilità
Un altro punto critico emerso dal rapporto riguarda l’uso di certificati di commodity privi di tracciabilità fisica. Schemi come quello dell’RSPO, che consente alle aziende di acquistare crediti per la produzione di olio di palma sostenibile senza alcuna garanzia che l’olio utilizzato derivi effettivamente da fonti sostenibili, sono sotto accusa. Sebbene i sostenitori di tali schemi affermino che l’importante sia aumentare l’area dedicata all’olio di palma sostenibile, il rischio è che si crei una facciata di responsabilità ambientale senza un reale impatto positivo.
Emissioni di metano e mancanza di azioni concrete
Il rapporto esprime forti preoccupazioni riguardo alle emissioni di gas serra del settore alimentare, in particolare quelle provenienti dall’allevamento. Seppur tutte le aziende, tranne la gigante della carne JBS, si siano impegnate a mantenere le forniture prive di deforestazione, nessuna ha mostrato un impegno concreto per ridurre la produzione di carne o per passare a fonti proteiche a base vegetale, nonostante il settore dell’allevamento rappresenti la fonte maggiore di emissioni. In questo contesto, le emissioni dovute all’uso di fertilizzanti, che contribuiscono per circa il 25% ai gas serra agricoli, vengono spesso ignorate.
Le risposte delle aziende
In risposta alle accuse di greenwashing, Nestlé ha negato le affermazioni, affermando di non condividere le conclusioni del rapporto. L’azienda sostiene che gran parte delle sue riduzioni delle emissioni proviene da azioni concrete e che il suo impegno per la sostenibilità è genuino. D’altra parte, Danone ha riconosciuto il valore di supportare i partner agricoli nella transizione verso pratiche di agricoltura rigenerativa, ma ha precisato che i suoi obiettivi non includono le rimozioni di carbonio nel suolo.
Un futuro sostenibile è possibile?
Le aziende alimentari devono affrontare le critiche e dimostrare un reale impegno verso la sostenibilità. Le promesse devono tradursi in azioni concrete e misurabili, piuttosto che in parole. Solo così sarà possibile garantire un futuro in cui la produzione alimentare non solo soddisfi le esigenze di consumo, ma lo faccia in modo responsabile e sostenibile. La strada è lunga, ma con impegni autentici e strategie efficaci, un cambiamento positivo è alla portata.